di Renato Malaman
giornalista
Che affinità di carattere fra il grande vino rosso che profuma di mare e il territorio che ne fa da scrigno, ricco di borghi antichi e di sapori autentici. Da Scansano a Montemerano, poi giù fino a Capalbio, lungo un itinerario dedicato al buon vivere.
Terra di Maremma, terra ruvida e selvatica, appartata e talvolta persino scorbutica. Eppure terra che sa diventare dolce come poche se ci si avvicina con il desiderio di coglierne l’anima più intima. La Maremma è un orizzonte diverso, è la parte più profonda della Toscana, scrigno di valori ancestrali e di riti che si perpetuano nel tempo. Non solo butteri e bovini bianchi dalle lunghe corna come vorrebbe l’iconografia turistica tradizionale: questa parte della Toscana è anche paesaggio arcaico, borghi dove il vivere quotidiano scorre secondo i ritmi di una volta, osterie e botteghe sempre vocianti, prodotti che sanno di buono e di genuino capaci di “raccontare” i valori di questa terra. Il vino è uno di questi. La Maremma è la terra del Morellino, rosso toscano schietto e sincero che - pur non avendo la diffusione del Chianti o il blasone del Brunello o del Nobile - ha un grande pregio: riflette il carattere schivo ma autentico di questa terra e quello della sua gente. In Maremma c’è un turismo del vino che ancora si focalizza su questi valori nascosti e invita a scoprire i territori proprio a partire dal vino e da chi lo produce.
Il Morellino porta innanzitutto a Scansano, la patria di questo nuovo gioiello dell’enologia toscana (Docg dal 2007) che pur attingendo al grande patrimonio del Sangiovese presenta delle caratteristiche particolari: dei sentori di mare, di resina e di erbe aromatiche che raccontano anche del vicino litorale, delle sue lagune e delle terre bonificate. Racconta di colline accarezzate dalla brezza di mare proveniente dall’Argentario. Il Morellino con i suoi tannini levigati, la sua struttura equilibrata e i suoi sentori di frutti di bosco è davvero lo specchio di un territorio atipico. A Scansano, accanto ai monumenti più famosi – le tantissime chiese, la sontuosa porta di Grosseto e il solitario castello di Montepò – non può mancare una visita al Museo della vite e del vino allestito dal Consorzio di Tutela del Morellino che racconta – in fondo – la civiltà legata a questo vino. Nella vicina Montemerano, frazione di Saturnia (paese famoso per le sue terme a cascate bianche), si ritrova lo spirito dei borghi medievali, con scorci da cartolina e negozietti di cose genuine: dai pici alle salsicce di cinghiale, ai formaggi pecorini. Dentro le mura degli Aldobrandeschi, avviluppate come in un abbraccio, stanno le case, molte delle quali hanno conservato il fascino semplice delle origini. Poco fuori l’abitato c’è Villa Acquaviva, un luogo che rispecchia tanti valori di questa zona, dall’accoglienza all’amore per il vino e il cibo d’autore. Serafino D’Ascenzi e la sua famiglia (la moglie Valentina e il figlio Fabrizio) hanno saputo dare un’anima a questo luogo, trasformando un’ex residenza nobiliare in un raffinato e “caldo” agriturismo con i mobili tradizionali e i letti in ferro battuto, portando nel contempo la tenuta vitata a 15 ettari. Il relais di campagna è oggi un tempio dedicato al buon vivere e al buon vino, con tanto di enoteca e ristorante - La Limonaia - per celebrare nel piatto i sapori più schietti di questa terra. Serafino nella grande cantina conserva pure le sue vecchie (e nuove) moto. Altra bellissima storia di Maremma è quella di Elisabetta Tommasoni, immobiliarista romana che ha lasciato la città per “sposare” la filosofia del biologico e mettersi a produrre vino. La sua azienda Poggio alla Luna si confonde fra i vigneti e le distese d’argilla di questa terra senza tempo. I figli la aiutano, ma è lei a condurre l’azienda con piglio autorevole. Spesso è da sola con i suoi amati asini e gli altri animali della fattoria. Violante Gardini, figlia d’arte e attuale presidente del Movimento Turismo del Vino, svela che sono molte in Toscana le donne “convertitesi” con successo al mondo del vino. “Un grande valore – ha detto – per questo territorio unico”. Altro angolo di Maremma vera è Capalbio, conosciuto dai più per la sua spiaggia “radical-chic” ma che la sua bellezza più autentica la svela nel borgo antico. Che sta in alto e domina un paesaggio da favola. Lorenzo d’Amico, armatore, manager della compagnia marittima mercantile d’Amico fondata a Roma dal padre Cesare, è stato “folgorato” dalle suggestioni che regala il mestiere di winemaker. La sua società agricola “Il Ponte”, che dà lavoro a numerosi giovani, è una realtà nuova nel settore del vino di Maremma. Sorge nella frazione di Carige confondendosi armoniosamente nell’ambiente naturale. Papà Cesare volle preservare persino la macchia mediterranea nelle terre coltivate. 13 gli ettari dedicati alla vite, da cui si ricavano i vini T-Lex, fra cui il Rosso che rientra nella Doc Capalbio, di cui l’azienda è portabandiera. Altri 13 ettari sono stati dedicati all’olivo, per una produzione olearia di qualità. Queste tre belle realtà - alle cui spalle ci sono storie di vita che testimoniano passione, coraggio e tenacia - sono la conferma che la Maremma più nascosta e riservata è terra da grandi sfide. Terra che dà e riceve cuore. Terra dove il vivere quotidiano sembra sospeso in un’altra dimensione. Serena e senza tempo.
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