di Maurizio Romanato
giornalista
La strada che collegava Roma all’abitato di Tivoli era della la strada della transumanza. Su quei 28 chilometri passavano le greggi e le mandrie durante i cambi di stagione. Nei secoli, Tivoli è cresciuta diventando un centro che gode di una posizione magnifica lungo il corso dell’Aniene, il principale affluente del Tevere, luogo di soggiorno di imperatori, cardinali, nobili, che l’hanno illustrata con opere architettoniche tuttora visibili.
Si potrebbe chiamare la città delle ville, perché sono tre i luoghi di maggiore attrazione storico artistica della città. Le ville d’Este, Gregoriana e Adriana, aprono le loro porte in un percorso affascinante tra storia e natura, in contesti differenti ai quali si aggiungono i templi romani e le moderne terme, tanto da far pensare a Tivoli come meta di un soggiorno da week end o ancor più lungo.
Si giunge nei pressi del centro storico in auto e, lasciata la vettura nel parcheggio multipiano a pagamento, si ha la possibilità di visitare il nucleo più antico della città, tra vicoli, strade e chiese. Proprio in prossimità del parcheggio, accanto al ponte gregoriano dal quale si ammira l’orrido del fiume Aniene, si apre il grande spazio di Villa Gregoriana. Il nome deriva dal papa Gregorio XVI, Bartolomeo Alberto Cappellari, un bellunese che regnò sulla chiesa cattolica per 15 anni dal 1831 al 1846. Forse fra le ville di Tivoli è la meno famosa, ed è in sostanza un grande parco. Venne realizzato in seguito alla decisione di Papa Gregorio XVI di deviare il fiume Aniene che, con le sue esondazioni ricorrenti, allagava la città di Tivoli infliggendole gravi danni. E’ un capolavoro di ingegneria idraulica del 1835 che, mediante i cunicoli gregoriani che hanno forato Monte Catillo, ha creato i vertiginosi dirupi che accompagnano le cascate dell’Aniene con i sentieri rupestri che costeggiano le antiche costruzioni e gli spazi verdi. E’ parte del beni del Fai dal 2005 e si presenta come un bosco caratterizzato da salite, discese, ruscelli, grotte, scalinate e viottoli immersi in una vegetazione lussureggiante. Il percorso è arricchito di antichi ruderi di epoca romana, panchine, luoghi di osservazione delle celeberrime cascate dell’Aniene. Per raggiungerle, sono da percorrere un paio di chilometri a piedi verso la località Marcellina, ma lo spettacolo del salto di oltre cento metri è imperdibile.
All’ingresso della villa, lo sguardo è rapito dai resti, considerevoli, di un tempio romano, detto tempio della Sibilla, a pianta circolare. Della sua grazia e armonia architettonica parlano molti viaggiatori del Grand Tour che nobili e intellettuali europei intraprendevano in Italia dalla fine del Seicento a metà Ottocento. Accanto sorge il tempio di Vesta.
Se c’è un ordine da rispettare, la seconda villa, sempre in centro città, è la villa d’Este. Un luogo di delizie per un cardinale, Ippolito d’Este (1509-1572), figlio del duca di Ferrara Ercole I e di Lucrezia Borgia, nipote di un altro omonimo principe della Chiesa, che alternò gli affari ecclesiastici a quelli politici, artistici e amorosi. Personalità inquieta, brigò a lungo per essere eletto papa in diverse occasioni, ma non vi riuscì mai. Ippolito, più che come presule a Milano, incarico al quale rinunciò, si impegnò anche nella costruzione, nel rinnovo e nel restauro di molte bellezze della città d'origine come la Delizia di Belfiore e il palazzo di San Francesco e di altri centri nei quali svolse la sua attività come Fontainebleau, Siena e Roma con gli scavi di Santo Stefano Rotondo sull’Esquilino. La sua fama è però legata alla scenografica Villa d'Este di Tivoli, di cui affidò i lavori a Pirro Ligorio. E la villa appare, nonostante alcuni rimaneggiamenti nei secoli, un’autentica bellezza, patrimonio dell’Unesco dal 2001. Curioso il fatto che, forse per “tenerselo buono”, il papa Giulio III gli avesse donato ampi territori a Tivoli, dove il cardinale si trasferì e decise si costruire una residenza che ne mostrasse la potenza e la ricchezza. Il culmine di Villa d’Este, alla quale lavorò tra gli altri anche il Bernini, traendone un’assoluta eccellenza architettonica e artistica, sta nei giardini scenografici grazie a statue, giochi d’acqua e cascate alimentati da acque prelevate dall’Aniene. Con il passaggio di proprietà agli Asburgo, la villa entrò in decadenza, ma dalla metà dell’800, per merito del cardinale Gustav von Hohelohe, fu recuperata nella sua bellezza ospitando tra gli altri Franz Liszt che, proprio durante il soggiorno a Tivoli, compose la sonata per pianoforte “Giochi d’acqua a Villa d’Este”. Diventata proprietà dello Stato italiano, fu ristrutturata tra il 1920 e il 1930, anche se poi fu bombardata nel 1944. Nel dopoguerra un lento recupero ha consegnato alle migliaia di visitatori l’attuale Villa d’Este: un trionfo di fontane, la Fontana del Bicchierone e la Cascata della Fontana dell’Organo furono firmate dal Bernini, con giochi d’acqua unici. Il cardinale morì nel 1572 a villa da poco conclusa e le sue ambizioni furono soddisfatte molto parzialmente solo con la visita cordiale del papa Gregorio XIII, accolto con tutti gli onori in una festa che fece risplendere anche con giochi di luce le magnificenze della residenza cardinalizia.
Ippolito d’Este, proprio a Tivoli fu il promotore del recupero di villa Adriana. Il nome deriva dall’imperatore Publio Elio Adriano, spagnolo, imperatore dal 117 al 138 d.C. Un anno dopo la sua salita al potere, individuò in un pianoro tufaceo di 120 ettari ai piedi dei monti Tiburtini compreso tra l’Acqua Ferrata e Risicoli lo spazio adatto per la sua nuova residenza. Adriano, uomo colto e versatile, costruì il Tempio di Venere a Roma, il Pantheon, affidando ad Apollodoro il rifacimento di quello realizzato da Agrippa, e Castel Sant’Angelo. I resti della villa, patrimonio dell’Unesco dal 1999, si stendono ora su circa 40 ettari visitabili a piedi. E’ formata da una serie di edifici collegati fra loro, ciascuno dei quali aveva una precisa funzione: l'edificio con tre esedre, il ninfeo stadio, l'edificio con peschiera, ai quali sono collegati il quadriportico, le piccole e grandi terme, il vestibolo, il padiglione del pretorio, i giardini, mediante percorsi di superficie e una rete viaria sotterranea carrabile e pedonale usata per i servizi. Nella sua dimora, Adriano volle riprodurre scorci e monumenti che lo avevano affascinato durante i suoi viaggi nei vari luoghi del suo dominio. Sono ora relativamente ben conservati l'accademia, lo stadio, il palazzo imperiale, la Sala dei filosofi, il Teatro greco e la Piazza d'oro, una maestosa struttura con funzioni di “rappresentanza” e dotata di un vasto peristilio arricchito da finissimi stucchi. Lo splendido Teatro marittimo è una specie di isola con un colonnato ionico, circondata da un canale. Era la zona in cui l'imperatore si rifugiava per pensare. Con il complesso del Canopo è sicuramente la zona più spettacolare. Purtroppo la straordinaria ricchezza della decorazione architettonica e scultorea della villa fu dispersa a partire dal Rinascimento. La spoliazione di marmi, avvenuta nel Medioevo per reimpieghi di vario tipo, è stata seguita dall’asportazione di esemplari scultorei, tanto che i principali musei e collezioni di Roma, d’Italia e d’Europa, annoverano opere provenienti da Villa Adriana. Ma ancora oggi se ne possono ammirare le magnificenze in loco lungo un percorso piuttosto agevole, anche se la visita comporta all’incirca due o tre ore. All’ingresso, un padiglione molto interessante mostra le utilizzazioni della villa come scenografia naturale in decine di film e documentari di tutto il mondo.
Il Santuario di Ercole vincitore con tempio e statua di Ercole e la piazza, complesso a pianta rettangolare su cinque piani con teatro, è stato riaperto nel 2015 e costituisce un’altra attrattiva di Tivoli insieme alla fortezza di Rocca Pia del XV secolo nel cuore della città dotata di quattro torrioni circolari, riaperta al pubblico nel 2018. La sua costruzione è rappresentata da Andrea Mantegna nella Camera degli sposi a San Giorgio di Mantova. Nelle vicinanze di vila Adriana nella parte bassa di Tivoli esiste tuttora la sorgente di acqua sulfurea delle Acque Albule (il complesso termale ora chiamato Bagni di Tivoli), conosciuta e apprezzata dall'imperatore. Un motivo per prolungare il soggiorno nella città tiberina.
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